Per molti appassionati di Star Wars il romanzo di Steve Perry, L’ombra dell’Impero, riesce nell’impresa di emozionare ed al tempo stesso generare ondate di malinconica tristezza. Il perché è facilmente intuibile: situato a metà tra le vicende de L’Impero colpisce ancora e quelle de Il ritorno dello jedi, ci trascina nella Galassia Lontana raccontandoci eventi a dir poco basilari per l’intera saga.
Qual è il percorso interiore di Luke, dopo la sconvolgente rivelazione di Bespin? Come impara a costruirsi la sua nuova spada laser? E Leia, quali strategie adotta nel tentativo di liberare Han Solo?
In questo libro ci sono tutte le risposte, ed anche di più. Per questo, a lettura finita, molti fan provano un briciolo di rammarico nel constatare che quest’opera a suo tempo aveva tutte le carte in regola per essere un film di Star Wars, tanto più che essa ebbe il pieno beneplacito di George Lucas che non esitò a definire come Canon le avventure del romanzo. Una chiara contrapposizione alla marea di libri post-Il ritorno dello jedi, caratterizzati da trame decisamente poco coerenti con l’esalogia.
Al centro di tutta la narrazione è il giovane Luke Skywalker.
Non più ingenuo contadino nel deserto di Tatooine, non più importante membro dell’Alleanza Ribelle, bensì giovane uomo che scopre dentro di sé l’oscurità ed apprende ad affrontarla. Passo dopo passo, Luke cerca di far pace con il fatto di essere figlio di Darth Vader, ovvero del suo nemico giurato. Ma non è tanto il rapporto di parentela a sconvolgerlo, quanto il fatto di percepire distintamente il Lato Oscuro dentro di sé, quella via “più facile, più seducente” – come ammoniva il saggio Yoda – che una volta intrapresa stritola il bene che è nell’individuo.
In questo romanzo Luke è tentato dal Lato Oscuro, costantemente.
E qui sta la grandezza del nostro giovane eroe.
Sta nel rifiutare il male ad ogni occasione. Luke combatte contro il Lato Oscuro a piccoli passi, scoperta dopo scoperta, avventura dopo avventura, acquisendo così sempre più fiducia in se stesso. Non è il supereroe integerrimo tutto d’un pezzo, categorico e totalmente inflessibile. Si pone domande, si rende conto della facilità con cui può perdersi nei meandri del lato più subdolo del potere, soppesa e valuta ogni situazione.
E lo fa da solo, completamente solo.
Il suo mentore, Obi-Wan, è morto sotto i suoi occhi. Yoda è lontano e volutamente lasciato ai margini dei suoi pensieri tranne nei momenti in cui Luke ha ancora bisogno di ricordare gli insegnamenti del vecchio maestro, un po’ come un bambino incerto quando cerca di tenere a memoria le istruzioni dei propri genitori.
Da solo, Luke impara ad essere finalmente se stesso.
Il suo polo opposto è Darth Vader e qui personalmente mi sento in dovere di erigere un virtuale monumento a Steve Perry.
Vader il Sith, il malvagio, colui che con il suo altero incedere incute terrore con la sola presenza. L’uomo che di uomo non sembra avere nulla, talmente celata è la sua figura umana sotto una tuta nera come la notte ed una maschera splendidamente terribile e triste.
Ebbene, dimenticate tutto questo.
Perry ci mostra un Vader nascosto, noto solo a noi lettori e sconosciuto a tutti gli altri personaggi del libro. Un Vader che, lentamente ma inesorabilmente, sente rinascere dentro di sé la presenza del suo vecchio io – del suo vero io – Anakin Skywalker. Un Vader addirittura senza tuta in più di un’occasione, nudo nella sua camera iperbarica – e se tutti abbiamo visto La vendetta dei Sith non possiamo non immaginare il suo corpo ancora martoriato da terribili e dolorose cicatrici – che può concedersi l’inimmaginabile.
Sorridere al solo pensiero di suo figlio.
Luke per Vader è la piccola fiammella che squarcia l’oscurità della sua anima corrotta dal Lato Oscuro. Rappresenta quell’atomo di bene che non s’è mai sopito negli anni della sudditanza all’Imperatore, ma che anzi attendeva solo di essere risvegliato per divampare nell’ultimo atto, l’estremo sacrificio di sé per salvare il suo bene più prezioso: un figlio conosciuto troppo tardi e troppo poco. Avverrà più tardi, lo sappiamo, ma qui si sviluppa il germoglio dell’antico Anakin.
In quest’avventura, mentre Luke cerca di mantenersi il più possibile distante dal padre, Vader fa di tutto per trovarlo. Perry ci fa entrare superbamente nei pensieri del Sith che non si vergogna di sentirsi impaziente di incontrare ancora una volta il ragazzo. E’ il temperamento di Anakin, sempre così riluttante a porsi in tranquilla attesa.
Ma la fatica di Vader deve scontrarsi con le trame intessute dall’Imperatore per la costruzione segreta della nuova Morte Nera e soprattutto deve riuscire ad aggirare incolume le intenzioni di un altro villain che compare sulla scena: il principe Xizor.
Xizor è un Fallen, una delle tante specie aliene che popolano la Galassia Lontana.
Steve Perry ce lo presenta superbamente, a tutto tondo, svelandoci man mano piccoli dettagli delle sue origini, come tessere di un puzzle sparse qua e là nel racconto.
E’ lui l’antagonista di Darth Vader, la vera minaccia da cui deve guardarsi. Intento a guadagnarsi un posto di favore a fianco dell’Imperatore – ma non disdegnando certo l’idea di potersi mettere un giorno al posto dell’Imperatore – fa di tutto per intralciare i suoi piani e per screditarlo dinanzi a colui che siede sul trono della galassia.
E dove cerca di colpirlo?
Nel figlio, ovviamente.
Xizor è uno dei pochi ad essere a conoscenza dell’identità di Darth Vader ed arriva a comprendere prima e meglio dell’Imperatore dove risieda il tallone d’Achille del Sith. Uccidere Luke significa annullare Vader, che è qualcosa di molto di più che un semplice fargli perdere il favore imperiale, mostrando quindi l’incapacità del suo antagonista a trovare il ragazzo e portarlo dall’Imperatore come richiesto. Metaforicamente Luke è la luce di suo padre – nome non scelto a caso fa George Lucas! – e la sua morte significherebbe anche la morte di Anakin. Ovviamente Xizor non ragiona in tali termini di figure retoriche, ma l’autore sì, per un occhio attento che sa andare oltre e capire.
Il Fallen, come l’Imperatore – e molto diversamente da Vader, per sua stessa esplicita ammissione – muove collaboratori e personaggi di contorno come fossero pedine su una scacchiera, senza preoccuparsi troppo della loro sorte. E’ abituato ad avere sempre la vittoria dalla sua parte.
Fino a quando non s’imbatte in Leia Organa.
Principessa, personaggio di spicco dell’Alleanza Ribelle, anche Leia ha un percorso che l’attende in questo romanzo. E’ la donna innamorata alla ricerca di Han Solo, la canaglia che ha saputo strapparle un “ti amo” detto in circostanze drammatiche. Ma Perry sa perfettamente rimanere nel binario creato da Lucas: da principessa che doveva essere salvata ma che più volte ha salvato la pelle ai nostri eroi, anche ora è Leia che agisce per trovare Han e cerca di farlo con tutti i mezzi a sua disposizione.
Anche sedurre ed essere sedotta, se necessario.
La rocambolesca trama del libro porta Leia al cospetto di Xizor, desideroso di poter usare la donna come pedina per attirare Luke. Ma quel che il Fallen non si aspetta è che la donna non è minimamente disposta ad essere uno strumento nelle mani di qualcuno, al contrario, e fa così assaporare a Xizor un rifiuto inaspettato e bruciante: il tentativo di sedurre Leia è fallimentare su tutta la linea ed anzi rivela alla principessa ciò che era necessario sapere.
Superbo è il dialogo telepatico tra i due gemelli che ancora non sanno di essere tali. Superbo proprio perché i personaggi ignorano la grandezza del legame che li unisce, ma lo sanno sfruttare per volgere una situazione di stallo in una possibilità di vittoria.
Le vicende che seguono e che conducono alla fine della storia sono narrate nel più genuino tratto lucasiano: più avventure che avvengono in contemporanea, cosicché il lettore è costantemente lasciato sul filo del rasoio, fino all’epilogo. E, se di tratto lucasiano vogliamo continuare a parlare, non dimentichiamoci dello humor, che non manca mai anche nei momenti più cupi. Sicuramente le vette più alte sono raggiunte dall’inossidabile coppia di droidi 3BO e C1 – i nomi italiani seguono la vecchia traduzione del fu Guerre Stellari – che riescono a strappare un sorriso anche quando i nostri eroi sembrano spacciati.
Epico è il momento in cui ad essi viene affidata la guida del Millennuim Falcon per giungere in salvataggio: tutto sta per esplodere, i secondi sono contati e la morte imminente è lì, ad un passo, eppure si ride alla vista dell’astronave impazzita ed al suono delle lamentele del povero 3BO che non fa altro che litigare con la sua controparte più piccola ed irriverente.
E non scherzano nemmeno gli Skywalker.
Il momento in cui un jedi costruisce da solo una spada laser dovrebbe essere colmo di religioso rispetto ed ammirazione sincera. Questo sarebbe valido se Luke fosse un jedi come lo erano i suoi predecessori, ma il doversi arrangiare con delle istruzioni su un libro, fremendo d’impazienza e d’inesperienza, non è certo di aiuto. Ed al momento della prova Perry ci fa fare un piccolo tuffo nei pensieri di Luke:
“Dille che Luke, il più grosso idiota della galassia, si è ridotto ad un ciocco fumante perché non era in grado di seguire un semplicissimo diagramma circuitale.”
L’ammonizione di Vader a Xizor, invece, risuona sicurezza e risolutezza spietate.
“L’Imperatore non è qui. Io, in questo momento, parlo per l’Impero, Xizor.”
“Principe Xizor.”
“Può tenere il suo titolo… per altri due minuti.”
Vader sta andando contro tutte le regole imposte dall’Imperatore.
Pur di salvare il figlio non esita a disintegrare il suo antagonista, mettendo i propri interessi al di sopra della causa dell’Impero.
Il trionfo del grigio, perché dunque ho scelto questo titolo per la recensione?
Perché è il colore predominante in questa vicenda… e sì, queste sono sfumature di grigio che decisamente preferisco rispetto ad altre decisamente più piatte ed avvincenti quanto una cena con Jabba the Hutt.
Come ci ha insegnato George Lucas nella sua esalogia, non esistono personaggi totalmente bianchi o neri, buoni o cattivi. La linea che divide il bene dal male, nella Galassia Lontana così come nella vita reale, è sottile e non sempre facilmente distinguibile.
Luke è l’eroe di luce che combatte l’oscurità in se stesso, che apprende che il vero nemico, prima di essere quello fuori, si trova innanzitutto dentro di sé. E’ l’uomo che assaggia il Lato Oscuro e ne prova repulsione e tentazione, senza vergogna né dell’una né dell’altra. Si accetta così com’è, tenue sfumatura di grigio che ancora deve apprendere per scegliere con fermezza la propria strada.
Vader è l’oscurità che pian piano s’illumina, a tratti contro la sua stessa volontà, ma, una volta innescato, il processo sarà irreversibile. E’ il nero che in realtà non è mai stato tale, nonostante le apparenze.
Saranno destinati ad incontrarsi presto, padre e figlio.
Ed allora sarà veramente luce nella Galassia Lontana Lontana.